La ceramica di età romana
La ceramica di uso comune veniva impiegata in cucina per la conservazione, la preparazione e la cottura dei cibi.
Si tratta di vasellame privo, o quasi, di decorazioni, riferibile a una produzione locale collegata a fornaci prossime al luogo in cui i manufatti venivano poi utilizzati: questi, proprio perché rispondenti alle esigenze pratiche di un uso quotidiano, presentano forme che si mantennero inalterate per lungo tempo.
Per quanto riguarda la ceramica da mensa, in età repubblicana veniva utilizzato vasellame “a vernice nera”: questo tipo di produzione prende il nome dal colore che caratterizza la superficie e che derivava dall’imitazione delle precedenti produzioni greca ed etrusca. In epoca imperiale questo tipo di vasellame viene sostituito da una ceramica più raffinata. Si tratta di una produzione caratterizzata da una superficie di un brillante colore rosso-corallo, liscia o, più spesso, decorata con motivi – impressi o a rilievo – riprodotti in serie mediante l’utilizzo di una matrice. Spesso sul fondo del manufatto è presente l’impronta del sigillo del vasaio: da questo particolare deriva la denominazione di “terra sigillata”, detta anche “ceramica arretina” dal centro di produzione più famoso, Arezzo (Arretium), attivo dall’età augustea e per tutto il I secolo d. C.
E’ documentata una produzione ceramica cd. “a pareti sottili”, caratterizzata da fini decorazioni e da una superficie di colore grigio a imitazione dei manufatti realizzati in materiali più “preziosi”, in metallo o in vetro.